La prima volta con il Feldenkrais
Diciamo subito, che Grazia non è una mia studente/paziente/cliente che mi ha lasciato un bel feedback per il lavoro svolto insieme, ma una mia amica che vive lontano e che si lamentava di un dolore alla spalla.
Non potevo che proporle di rivolgersi a una collega che stimo molto nella sua città.
Le ho chiesto di scrivere qualcosa sul Feldenkrais, perché ogni volta che ci incontravamo mi attaccava degli spiegazioni pazzesche sul Feldenkrais.
Ma diceva delle cose di tale profondità, lucidità e freschezza, che penso sia giusto condividere.
Il feldenkrais non è sempre tutto rose e fiori
Grazia ha incontrato almeno due tipi di difficoltà:
- la prima data dalle sue credenze, cioè che un corpo grande non sia in grado di muoversi bene, una credenza sua alimentata dalla nostra società secondo cui non si è mai troppo magri e mai troppo ricchi;
- la seconda data dalle lezioni di Metodo Feldenkrais con cui non è stato proprio “amore a prima vista”, e che a più riprese meditava di abbandonare.
Con lei ho fatto quello che posso fare solo con gli amici:
ho insistito molto sul fatto di continuare!
Per me insegnare è stato un altro modo di imparare!
Le telefonate con cui Grazia mi esprimeva le sue difficoltà sono diventate in realtà un processo che ha coinvolto entrambe, perché Grazia mi ha costretto a pensare molto a come insegno e a spostare la mia attenzione a “ come uno studente impara” e non a “come io insegno”
Quando le ho chiesto di scrivere, lei lo ha fatto con gioiosa spensieratezza e con stile molto colloquiale.
Nel testo che segue, i corsivi sono miei, il resto di Grazia.
Con il Feldenkrais non è stato subito amore a prima vista.

....poi ho iniziato a crederci, ora ci credo ciecamente
All'inizio, ho dovuto ricorrere spesso all’aiuto da casa, chiamando una mia amica di Roma (che sarei io) e chiedendo consiglio a lei.
Se non fosse stato per i suggerimenti che mi ha dato, avrei già abbandonato il metodo.
Invece la Cate con MOLTA pazienza si è soffermata a darmi spiegazioni, a comunicare con la mia parte logica e razionale, a farmi capire che se avessi persistito ne avrei ottenuto dei vantaggi.
Mi sarebbe cambiato persino il mio modo di pensare (!) e di affrontare le difficoltà della vita.
In effetti, con il tempo, mi sono resa conto che è la paura del dolore a bloccare il movimento e questo si riflette anche nella vita.
Ho molta stima e ammirazione per la Caterina. E’ stata lei a suggerirmi il metodo Feldenkrais. Mi ricordo ancora la telefonata “Ciao come va?” “Bene, però non riesco più a muovere la spalla” “Hai provato con il metodo Feldenkrais” “Felden che????????”
Il nome mette davvero paura. Se però si supera e si va a vedere il sito,
la foto dell’anziano a testa in giù, può essere solo di aiuto e stimolo.
In un primo tempo ho pensato ovviamente, non è vero, è un fotomontaggio. Poi ho iniziato a crederci. Ora ci credo ciecamente.

Devi avere fiducia
Chi comincia deve prima avere fiducia. Come in qualsiasi disciplina poi, a pensarci bene.
Devi avere fiducia in qualcosa che non è così facilmente spiegabile.
Gli direi prova.
Prova per almeno quattro mesi (almeno) e poi ne parliamo.
Però in questi quattro mesi è importante stargli a fianco, condividere, capire se ha delle difficoltà, perché altrimenti potrebbe sentirsi frustrato (e con Felden un po’ frustrati ci si sente) e abbandonare il tutto.
E se uno è solo agli inizi, molla e scappa via (come è successo a mia figlia Ilaria che non ne vuole più sapere).
Però alla fine... arrivano le rose!
Però adesso, adesso ne potrei più fare a meno.
Io peso molto, non ho un corpo agile come la mia amica Cate.
Il mio corpo mi è stato sempre di ostacolo per molti movimenti.
E ora, mi muovo! Il mio corpo sa, conosce, ne è consapevole, che se supera la paura del dolore (che spesso è solo paura) i suoi movimenti possono riprendere scioltezza.
Ci sono momenti in cui, nonostante il mio peso che è tanto, riesco a fare dei movimenti che prima non riuscivo nemmeno a pensare.
Ho scoperto le scapole!
Ho un’apertura davanti che è accoglienza verso il mondo esterno.
Superare la soglia del dolore, nel senso di non provare più dolore, mi dà molta fiducia.
Non solo cura il corpo, il dolore, ma cura soprattutto l’anima.
Le persone che non lo fanno, non sanno davvero cosa si perdono.

Grazia ormai fa Feldenkrais da un paio d'anni, continua il suo processo di apprendimento del movimento. Il dolore alla spalla non è più tornato, ma soprattutto è cambiato il suo atteggiamento nei confronti di se stessa e delle sue paure. E' proprio la paura del dolore che ne esagera la percezione fino a diventare il vero limite al movimento e non le dimensioni del corpo.

E tu? Che esperienze hai avuto con il Feldenkrais? Me le vuoi raccontare?
Non aiuterai solo me, ma tutta la comunità degli insegnanti Feldenkrais a confrontarci sul nostro lavoro!
caterina@caterinamarzoli.com

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