Il racconto (anche detto anamnesi)
Annarita è un’intelligente e simpatica mamma quarantenne, lavoratrice, vivace ed attiva. L’ho incontrata per la prima volta qualche mese fa, la collega che mi aveva passato il suo numero si era raccomandata:
“Aho’, non je fa cose strane, deve fa’ solo il rinforzo del quadricipite.
Io: “cose strane? Chi… Io?”
Annarita aveva fatto una terapia con un emoderivato per una degenerazione della cartilagine della rotula e l’ortopedico aveva raccomandato il rinforzo del quadricipite a vita.
Mi racconta una lunga storia decennale di dolori al ginocchio e di sofferenza della rotula, a causa della quale, si è addirittura sposata con le stampelle.
Dopo l’intervento con l’emoderivato va abbastanza bene, ma in realtà a fine giornata il ginocchio le fa male ed è costretta a portare sempre e solo scarpe bassissime, anche d’inverno. Fa gli esercizi per il quadricipite tutti i giorni ma è preoccupata perché comincia a farle male la schiena.
Valutare è facile, decidere meno
Faccio qualche test di mobilità e di forza muscolare, il ginocchio è solo un po’ meno efficiente dell’altro, sia nella mobilità che nella forza, ma molto meglio di quanto mi aspettassi.
Ligia al dovere e alle prescrizioni dell’ortopedico, comincio a mostrarle qualche classico esercizio di rinforzo.
Mentre la guardo fare gli esercizi, mi colpisce il suo fisico con masse muscolari supertoniche - rare in una mamma che non fa attività fisica ma soprattutto mi colpiscono le dita dei piedi, perennemente flesse all’indietro, le caviglie sempre flesse e i muscoli delle gambe, agonisti e antagonisti, perennemente contratti in una sorta di co-contrazione.
Non è difficile intuire perché cominci a farle male la schiena e perché si stanca facilmente il ginocchio.
Bene, ma avevo promesso alla collega, niente cose strane e poi c’è la prescrizione dell’ortopedico da rispettare.
Ho la netta impressione che continuare a rinforzare un apparato muscolare che sembra già molto tonico e teso, sia come mettere il ginocchio in una morsa di ferro e non voglio farlo, ma non voglio nemmeno proporle esercizi di rilassamento.
Insomma mi sono trovata davanti a un dilemma, seguire le prescrizioni dell'ortopedico anche se non ero convinta o fare quello che sentivo con il rischio di confondere troppo e deludere le aspettative di una paziente molto motivata?
Alla fine, ho trovato il modo di salvare capra e cavoli. Sollecitare l'uso del quadricipite cercando di inibire il resto.
Le strategie
1
Prima strategia: controllo e uso dell’attenzione.
Propongo ad Annarita i soliti esercizi ma porto la sua attenzione sul farli tenendo le dita dei piedi rilassate. L’idea è quella di inibire le contrazioni non necessarie, ma si rivela per lei una grande sfida.
Allora inserisco una serie di movimenti e differenziazioni delle dita dei piedi e della caviglia in diverse posizioni in gravità, supina, seduta, in piedi e in equilibrio instabile, non sembra ma intanto lavora il quadricipite, anche se l’attenzione è spostata altrove.
Dopo solo due sedute, Annarita mi annuncia con meraviglia che ha ripreso ad indossare gli stivali, senza tacco ovviamente, ma è già una grande novità e a sentirsi meno stanca quando fa le scale.
2
Seconda strategia: mettere in relazione il ginocchio con piede e anca/bacino.
Le sedute successiva proseguono con esercizi per la mobilizzazione delle anche e la relazione delle anche con le ginocchia e le caviglie.
Non appena Annarita perfeziona il controllo neuromuscolare dei movimenti delle anche da supina, trasferisco tutto in una serie di esercizi in piedi per il miglioramento dello spostamento del peso da una gamba all’altra, dell’uso delle caviglie e delle anche. Il quadricipite continua a lavorare a carico naturale.
3
Terza strategia: mettere tutto insieme in un ciclo del passo globale e fluido
La serie di esercizi in piedi viene arricchita ad ogni seduta di nuovi elementi, coinvolgono il tronco, le braccia e la testa, il ginocchio diventa una molla e tutto il corpo partecipa al cammino, di modo che lo sforzo venga distribuito in maniera proporzionale: articolazioni e muscoli grandi, lavoro grande, articolazioni e muscoli piccoli, lavoro piccolo.
Ovviamente non mancano esercizi di propriocezione ed equilibrio dinamico in appoggio su un piede solo.
Conclusioni: non perfetto ma funzionale
Mano a mano che Annarita, impara a mettere in relazione tutte le articolazioni della gamba con il bacino, il modo di camminare diventa più fluido, lo sforzo viene condiviso e distribuito su tutto lo scheletro, l’arrivo del tallone a terra più leggero e preciso, le gambe si alternano più velocemente, il bacino è presente nel movimento, mentre il torace comincia a muoversi per controbilanciare il bacino e le braccia acquisiscono la loro naturale oscillazione, tutto per permettere alla testa di ritrovarsi leggera e libera di esplorare l’ambiente, in cima alla colonna.
Un paio di sedute sono state dedicate alla mobilizzazione della colonna vertebrale per allentare i muscoli molto tesi a livello dorsale, la tensione alla schiena, risultato degli esercizi fai da te, è rapidamente sparita!
Il ginocchio di Annarita non è perfetto, non tornerà tale e occasionalmente, nelle giornate più lunghe e impegnative, le dà un leggero dolore, ma nel complesso la sua autonomia di movimento è aumentata, così come il periodo di libertà dal dolore e la scelta di scarpe disponibili.

Questo ciclo di terapia mi era stato prescritto da un ortopedico per un problema al ginocchio.
Quello che mi è piaciuto, è che ho percepito questo approccio come molto naturale, dalla seconda seduta ho notato che i movimenti erano diventati più fluidi e sciolti.
Inoltre mi ha aiutato molto a non puntare tutta la mia attenzione sul ginocchio.
Annarita // Avvocato
Quando la visione è globale e "olistica", pensare di applicare un protocollo semplice e diretto a uno specifico muscolo può essere frustrante per il fisioterapista (che sa bene che non basta rinforzare un muscolo perchè tutto vada a posto).
Ma se il fine ultimo è aiutare la persona a funzionare meglio nella sua vita quotidiana, anche il più banale dei protocolli può diventare una sfida creativa.
Apparentemente non ho utiizzato il Metodo Feldenkrais in questo caso, ma non è del tutto vero.
Non ho usato le classiche lezioni di Moshe Feldenkrais ma ho utilizzato i suoi principi e le sue idee-chiave per favorire un cambiamento che aiutasse Annarita ad usare meglio il suo ginocchio.
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